Certamente dopo aver scoperto gli effetti del fuoco sugli alimenti la cottura è avvenuta su fiamma viva in cerchi di pietra o in recipienti di pelle. 10.000 anni fa la lavorazione di recipienti di argilla e la conseguente utilizzazione per la cottura e la conservazione ha permesso la sedentarizzazione dei popoli nomadi e la nascita dell’agricoltura.
Il crudo del pesce o della carne è diverso dal crudo di un frutto o della verdura. Alcuni alimenti vengono consumati crudi o conservati (crudi) in acqua salata, in aceto, in olio, in zucchero oppure vengono affumicati o essiccati. Molte sono le aree culturali in cui il pesce viene mangiato crudo (in Giappone il sushi, in Europa la tartara ecc.) e così la carne (il carpaccio, la bistecca al sangue). In Kenia i masai bevono il sangue di una preda ancora viva direttamente da un vena recisa credendo di appropiarsi della forza animale. Secondo l’etnologo Claude Lévi-Strauss “Il crudo costituisce il tramite tra natura e cultura ma si oppone ad entrambe in quanto non elaborato; il cotto risulta il prodotto di un’elaborazione culturale”.
Ma esiste una terza possibilità: “il putrido” che risulta essere il risultato di una elaborazione naturale.
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(illustrazione tratta da "Le Cerveau à tous les Niveaux!")